lunedì 4 maggio 2009

Organismi geneticamente modificati

Tiziano Coppoli
Istituto Tecnico Agrario 3B

Un OGM, o organismo geneticamente modificato è un essere vivente il cui patrimonio genetico è stato modificato artificialmente tramite particolari tecniche di ingegneria genetica, che permettono l’aggiunta, la modifica o la rimozione di geni, quindi caratteri, specifici.

Tecniche

Le attuali e moderne tecniche di ingegneria genetica permettono di inserire nel genoma di un un organismo dei frammenti di DNA provenienti anche da altri esseri viventi. Questo è il modo in tramite il quale vengono creati gli OGM. Il DNA creato a seguito di questo procedimento viene chiamato DNA ricombinante. I frammenti che dovranno essere inseriti vengono estratti dall’organismo di origine tramite appositi enzimi di restrizione, che “tagliano” la molecola di DNA isolandone i geni. Tali frammenti vengono quindi inseriti in un vettore tramite un altro enzima (DNA ligasi). I vettori possono essere plasmidi, ovvero molecole di DNA ridotte, o strutture derivate da virus.
In campo agronomico vengono modificati sia batteri, come gli azoto fissatori o gli ice-minus, in modo che i primi fissino più azoto del normale e i secondi proteggano le radici dal gelo, che le piante vere e proprie.
I principali caratteri modificati nelle piante GM sono:
tolleranza a stress atmosferici
resistenza a virus, funghi e batteri
aumento della qualità e quantità del raccolto
tolleranza ad erbicidi
resistenza agli insetti
produzione di sostanze come farmaci, vaccini, tessuti e materiali

Se da una parte gli OGM presentano una serie di vantaggi a livello aziendale e produttivo, dall’altra sono soggetti ad una serie di rischi di impatto ambientale e sulla salute umana. Infatti modificando un organismo e inserendovi per esempio un gene che sintetizzi una certa proteina, rischiamo che la pianta cambi valore nutrizionale e finisca per sintetizzarne una nociva per la salute umana. Inoltre modificando i batteri in laboratorio c’è la possibilità di crearne involontariamente di patogeni che addirittura potrebbero risultare agenti cancerogeni.

Piccola storia del DDT

Gruppo n°6: Borchi Pierfrancesco, Chesi Mattia, Del Sala Federico, Pasqua Giammarco
Classe II C
Data: 28/04/09

Top of the POPs



Il DDT è forse il più noto fra i POP, gli inquinanti organici persistenti (persistent organic pollutants). I POP sono composti organici di comprovata tossicità, che persistono lungamente nell'ambiente (si degradano lentamente), e poiché hanno una certa volatilità, si diffondono anche in regioni molto lontane da quelle in cui sono stati utilizzati (long-range transport).

Scarsamente solubili in acqua, tendono a concentrarsi nel tessuto degli esseri viventi (bioaccumulo). Per queste sue proprietà, il DDT irrorato in passato nelle piantagioni di cotone può ritrovarsi oggi nel latte delle donne eschimesi.


La sporca dozzina



Tradizionalmente i POP sono un gruppo di dodici, fra composti e classi di composti, noti come "la sporca dozzina" (the dirty dozen), verso i quali la comunità internazionale ha posto in essere numerose azioni per ridurre o eliminare il loro rilascio nell'ambiente.


Carta d'identità

Tutti i composti chimici hanno un nome che serve ad identificarli in modo inequivocabile. DDT è l'abbreviazione del nome scientifico diclorodifeniltricloroetano (un nome che, per quanto lungo, ancora non distingue il DDT dai suoi isomeri). DDE è il nome dato al metabolita principale del DDT, che condivide con esso diverse caratteristiche fra cui la persistenza.
 


 
Uso del DDT e le sue conseguenze


Il DDT o Diclorodifeniltricloroetano è un composto organico appartenente al gruppo degli organoclorurati, in passato ampiamente utilizzato come insetticida e, a seguito della sua riconosciuta tossicità, bandito in molti paesi. La molecola del DDT fu sintetizzata in laboratorio nel 1874 e solo nel 1939 ne fu verificata l’efficacia neurotossica contro zanzare, Mosche tse-tse, Pulci e pidocchi. Il DDT fu rapidamente adottato in ambito agricolo nel trattamento del suolo e delle sementi, e in campagne di prevenzione sanitaria, soprattutto per l’eradicazione della malaria, trasmessa dalla zanzara Anopheles, ma anche del tifo, della febbre gialla e di altre patologie veicolate da insetti endemiche nelle aree tropicali. Alla fine degli anni Cinquanta del XX secolo divenne l’insetticida più usato in tutto il mondo e permise di migliorare la produttività agricola di alcune coltivazioni e di ridurre la mortalità legata alla malaria.



Il DDT è un inquinante organico persistente ed altamente resistente nell'ambiente. Il suo tempo di dimezzamento è stimato in 2-15 anni e rimane immobile nella maggior parte dei suoli. La pericolosità del DDT, che è considerato cancerogeno, è correlata alla sua struttura chimica; poiché si tratta di un idrocarburo, non è solubile in acqua ma nei grassi. Il risultato è che tende a concentrarsi sempre di più ad ogni passaggio della catena alimentare, il che comporta che i predatori sono maggiormente esposti ai danni da DDT rispetto ad altri animali dello stesso ambiente che si trovino più in basso nella piramide alimentare.
Il DDT è altamente tossico verso le forme di vita acquatiche ed è considerato moderatamente tossico verso le forme di vita anfibie, specialmente negli stati larvali. Inoltre, il DDT può essere significativamente bioaccumulato nei pesci e in altre specie acquatiche, conducendo a danni a lungo termine.
In passato la maggior parte del DDT era usata in agricoltura; oggi l'uso del DDT, per controllare la diffusione di malattie, richiede una minima frazione delle quantità usate in passato ed è pertanto meno probabile che possa causare problemi ambientali. Swaziland, Mozambico ed Ecuador sono esempi di nazioni in cui il DDT ha efficacemente contribuito alla riduzione dell'incidenza della mal aria. Esistono insetticidi alternativi al DDT che in genere sono più costosi, e questo ne limita l'uso nelle nazioni povere ed in quelle aree in cui la lotta alla malaria non riceve sufficiente sostegno economico. In molte nazioni africane il problema posto dalla malaria è considerato molto maggiore dei pericoli potenziali che l'uso del DDT può creare.
Il DDT fu bandito nel 1972 dagli Stati Uniti e dalla gran parte dei paesi industrializzati. È tuttavia ancora impiegato in molti paesi del terzo mondo, soprattutto perché è più economico di altri pesticidi di più recente formulazione. In questi paesi gli studi hanno evidenziato la presenza di residui di DDT nel latte materno, con rischio per i bambini allattati al seno; inoltre, l’esportazione di prodotti agricoli irrorati con il pesticida verso i paesi occidentali determina di fatto la reintroduzione anche laddove è stato formalmente vietato.
Recenti ricerche hanno rilevato che il DDT evapora al di sopra di Africa e India, regioni in cui è massicciamente usato, e rimane liberamente circolante in atmosfera nelle zone a clima caldo, mentre precipita in corrispondenza di zone a temperatura bassa; la conseguenza di questo fenomeno è la presenza del pesticida nelle acque polari (è stato trovato anche nelle foche e nei pinguini) e persino nei laghetti alpini a quote superiori a 2500 m. Pertanto, molti ritengono auspicabile l’estensione del bando del DDT in tutto il pianeta; altri, invece, considerano ancora valido l’uso del DDT in a lcuni paesi perché l’urgenza di debellare la malaria, responsabile di milioni di vittime, sarebbe prioritaria rispetto alle preoccupazioni per possibili effetti cancerogeni a lungo termine.